Slovacchia, Žilina – 6 giugno 2013

Incontro con il Clero

S. Messa della Solennità del Sacro Cuore di Gesù

 

Omelia del Card. Mauro Piacenza

Prefetto della Congregazione per il Clero

 

X

[Ez 34,11-16; Sal 22; Rm 5,5-11; Lc 15,3-7]

 

«Io passerò in rassegna le mie pecore e le radunerò da tutti i luoghi dove erano disperse nei giorni nuvolosi e di caligine» (Ez 34,12).

Dove trova il Pastore la forza per “passare in rassegna tutte le sue pecore”? Qual è la fonte di una tale “passione per il gregge”?

“Passare in rassegna” non può significare, per chi esercita il ministero pastorale, ridurre il proprio servizio ad un mero controllo di tipo ispettivo. “Passare in rassegna”, al contrario, significa guardare “uno ad uno”, amare “uno ad uno” i nostri fedeli. Solo uno sguardo carico d’amore è capace di ricondurre le pecore all’ovile.

Le pecore, molto spesso, non si rendono conto di essere perdute, non si accorgono dei gravi pericoli nei quali si trovano e, per conseguenza, vanno amate più di quanto esse stesse siano in grado di amare la propria condizione.

Così è, non di rado, per i nostri fedeli, i quali, immersi in maniera quasi acritica in una cultura secolarizzata, che interpreta la modernità come cancellazione di Dio, di fatto, vivono in “giorni nuvolosi e di caligine”.

“Nuvolosi”, perché le nuvole oscurano il sole e fanno credere che esso non ci sia; “di caligine”, perché l’oscurità del peccato porta alle tenebre e alla morte.

Ma noi siamo certi che, dietro le nuvole, splende sempre il sole e che, se anche la Chiesa è chiamata a vivere in circostanze sociali e culturali radicalmente avverse all’annuncio cristiano, l’efficacia di ogni azione evangelizzatrice si fonda sull’amore per le pecore “una ad una”; si fonda, ultimamente, sulla definitiva vittoria di Cristo.

Sì, Cristo ha vinto definitivamente il mondo, e di questa vittoria noi siamo certi, e su questa vittoria edifichiamo l’intera nostra esistenza spesa nell’evangelizzazione.

Il rapporto personale con il Risorto è, infatti, la radice di ogni zelo pastorale! La consapevolezza di essere pecorelle amate e salvate dal Signore, permette di vivere come pastori autenticamente immersi nel mistero di Cristo e, perciò, capaci di trasmettere ai fratelli la medesima cura del Pastore supremo.

Non sono le conversioni di massa o le amplificazioni mediatiche degli eventi a costituire l’orizzonte di riferimento del nostro agire pastorale, ma piuttosto gli autentici “miracoli di fedeltà”, che quotidianamente siamo chiamati a vivere e a contemplare.

Ogni singola conversione personale rappresenta quel miracolo di autenticità, che è ragione necessaria e sufficiente per ogni decisione totalizzante, a favore di Cristo e della Chiesa. Non sono, né possono essere, le difficoltà, o gli insuccessi a sconfiggerci, o a frenare, o a limitare il nostro amore di pastori! Non sono, né possono essere, le tensioni del mondo, le destrutturazioni della secolarizzazione, ad oscurare la luce del nostro ministero.

La vostra bella e nobile nazione è dedicata alla Beata Vergine Maria Addolorata, ed è dunque proprio nel mistero della Croce, dello “stare solitario” di Maria ai piedi del Figlio, che possono essere interpretati i momenti di prova e perfino di disorientamento. È necessario, sempre ed ogni giorno, ripartire! È necessario ripartire dall’amore del Buon Pastore che, come abbiamo ascoltato nel Vangelo, cerca incessantemente la pecora perduta.

Ma da dove ripartire? Da quale prospettiva guardare alla situazione presente per intuire nuovi sentieri di evangelizzazione?

Certamente, nel deserto, è necessario ripartire dalle oasi. Bisogna creare oasi di spiritualità, luoghi in cui sia messo al primo posto il rapporto con Dio, declinato nella preghiera, nell’Eucaristia celebrata ed adorata, nella celebrazione fervente dei Sacramenti e nella radicale fedeltà alla Chiesa di oggi e di sempre. È necessario creare oasi di fedeltà! Di fedeltà dottrinale ed esistenziale, di fedeltà alla radicale chiamata di Cristo a donare tutto, perché si è ricevuto da Lui tutto. Fedeltà! Sempre ricordando che il nome dell’amore nel tempo che scorre è “fedeltà”.

È necessario creare oasi di autentica fraternità, nella quale la radicale comunione con Dio sia visibile e sperimentabile, quella unità con i fratelli che rappresenta la più grande testimonianza evangelica; la fraternità tra noi sacerdoti, l’unità profonda in Cristo, è ciò che convince il mondo.

Questo desidera il Cuore di Cristo! Per questo ha pregato nel Getzemani:  «siano una cosa sola […] perché il mondo creda» (Gv 17, 22). Tali oasi di fraternità non devono separare i pastori dal gregge, né allontanarci dal mondo e da coloro che, nel mondo, attendono il nostro ministero. Al contrario, devono favorire quella passione evangelizzante che è alla radice di ogni scelta pastorale e quella capacità di rendere ragione della propria fede che non parte tanto da convincimenti intellettualistici, quanto piuttosto dall’esperienza vissuta e proposta della propria fede.

È necessario creare oasi di spiritualità, di fedeltà e di fraternità che siano veri e propri “Cenacoli”. Che propongano l’esperienza del Cenacolo nei due momenti fondamentali: l’Ultima Cena e la Pentecoste.

Nell’Ultima cena, il Cenacolo è il luogo della condivisione piena con il Signore; è il luogo nel quale il discepolo poggia il capo sul Cuore di Cristo, sul Suo Sacratissimo Cuore e, da tale intima comunione, scaturisce l’immedesimazione, l’identità e la missione del discepolo. In questo contesto, drammaticamente, il Cenacolo è anche il luogo del tradimento! Il luogo della massima grazia può anche essere il luogo della più grande distanza da Dio.

Il Cenacolo, poi, è anche il luogo delle apparizioni del Risorto e dell’attesa trepidante della Pentecoste. Dopo aver incontrato il Risorto, gli Apostoli sono nel Cenacolo, in attesa del dono dello Spirito per la missione e stretti intorno alla Beata Vergine Maria.

Ricreare oasi di spiritualità, fedeltà e fraternità significa dare allo Spirito la possibilità che riaccada nelle nostre esistenze l’esperienza del Cenacolo, l’esperienza intima e missionaria del Cenacolo. Si sta raccolti in unità con Maria e gli Apostoli, in unità affettiva ed effettiva per poi irraggiarci con tale forza nei luoghi della nostra missione, in luoghi quindi particolari stabiliti dall’obbedienza ma con cuore cattolico, missionario.

Il Sacratissimo Cuore di Gesù, che oggi festeggiamo, è anche interpretabile come “Cenacolo permanente”, nel quale sia l’esperienza dell’intimità divina, sia quella della dinamicità dello Spirito, possono continuamente riaccadere, perché, innanzitutto, la nostra esistenza sia profondamente rinnovata e, conseguentemente, anche la missione acquisti dinamicità e feconda creatività.

Cristo è vivo! Quindi la Chiesa è viva, non è un museo ed è viva perché essa è Cristo espanso nel tempo. Cristo è presente ed operante nelle nostre esistenze! AmarLo, seguirLo, accoglierne la misericordia ed annunciarLo ai fratelli, è la sola via percorribile, perché tale presenza non sia mai oscurata dalle nubi, ma sia permanentemente riconoscibile e, perciò, amabile e proponibile ai fratelli.

Ci aiuti la Beata Vergine Maria a creare in noi, tra di noi e attorno a noi, tali oasi di fede, di verità e di missione. Solo così, invece di essere sfidati dalla secolarizzazione e dal modernismo, saremo noi, con la fede e la testimonianza, a sfidare il mondo, che dovrà chiedersi: “Perché si amano così?”.